venerdì 29 maggio 2020

LA NAVE DI GELA


La nave di Gela scoperta nel 1988 è l’imbarcazione greca integra più antica mai riportata alla luce fino ad ora ed è addirittura la terza più antica al mondo, dopo la nave fenicia di Calidonia e la Barca solare del faraone Cheope.
Le ottime condizioni dell’imbarcazione hanno reso possibile la raccolta di dati significativi. Innanzitutto, era una nave mercantile, che fece scalo ad Atene per poi intraprendere la rotta verso Gela, a dimostrazione della rilevanza della città siciliana in questo periodo. Ma una brutta tempesta impedì al natante di raggiungere le coste siciliane. Tale è lo stato di conservazione del relitto che dai danneggiamenti subiti è stato anche possibile ricostruirne, a grandi linee, la dinamica dell’affondamento e le fasi concitate che dovettero precederlo con il tentativo da parte dell’equipaggio di alleggerire l’imbarcazione incominciando a lanciare in acqua il carico di bordo.
Dall’analisi di alcuni reperti si è riusciti a individuare l’appartenenza sociale di alcuni membri dell’equipaggio: il ritrovamento di una fibula d’argento ci suggerisce che quest’ultima doveva appartenere al comandante, probabilmente, di elevato rango sociale o ancora la presenza di uno stilo utilizzato per scrivere su tavolette di legno incerate ci suggerisce la presenza di un membro che aveva il compito di redigere il giornale di bordo. Il ritrovamento di uno zufolo, una sorta di flauto, potrebbe indicarci la presenza di un flautista col compito di rallegrare i compagni ma poteva anche avere scopi cerimoniali e religiosi.
Infatti, l’equipaggio doveva essere piuttosto religioso essendo stato ritrovato un altare in bronzo e parecchie statuine votive. Cosa ancor più sorprendente, è stato possibile capire cosa mangiassero questi uomini essendo stati identificati resti di carne bovina, diverse specie di pesce e il nocciolo di una pesca. Infine, l’imbarcazione ha permesso di fare chiarezza sulle tecniche di costruzione navale, infatti, il relitto del 1988 fu realizzato con delle tavole di legno tenute assieme con delle corde di fibra vegetale, tecnica appartenente a molte aree del Mediterraneo.
Le operazioni di recupero sono state effettuate solo diversi anni dopo, nel 2003 e poi nel 2008, ad opera della Soprintendenza di Caltanissetta, a cui è seguita la lunga fase di restauro, lavoro estremamente delicato e affidato al laboratorio Mary Rose Archaeological Service di Portsmouth.
Oggi l'importante relitto si trova a Forlì, ai Musei San Domenico dove è allestita la mostra "Ulisse" Arte e Mito.


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