Oltre alla famosa acqua di San Giovanni ricavata dalla macerazione di alcune piante raccolte nella giornata del 23 giugno e utilizzata la mattina successiva per lavarsi mani e viso come rito propiziatore di buona fortuna che affonda le sue radici nei riti pagani della dea Fortuna, celebrata durante il solstizio d'estate nel rito pagano, in Sicilia esiste un altra usanza legata alla festa di San Giovanni, cioè "Li cumpari di San Giuvanni". Il termine “cumpari” è di origine latina che significa uguali insieme.
Per realizzare il proverbiale elisir bisogna raccogliere erbe e fiori spontanei come iperico, lavanda, artemisia e malva, fiori e foglie di menta, camomilla, fiordaliso, papavero, rosmarino, salvia.
Le erbe raccolte vanno messe in acqua al tramonto e si lasciano all’esterno per tutta la notte, così che possano assorbire la rugiada del mattino e acquisire proprietà “magiche” che serviranno la mattina del 24 per purificare viso e mani.
Invece la cumparanza di San Giuvanni si verifica quando una persona battezza il figlio di un suo amico che a sua volta aveva fatto battezzare il proprio figlio alla suddetta persona.
Il compare è l'amico di cui ti puoi fidare e la loro unione viene sancita da vari riti: facendo da testimone alle nozze ( cumpari d'aniddu), battezzando il figlio di un amico (cumpari di cuoppula) oppure stringendo comparaggio nella notte di San Giovanni. In passato il comparaggio veniva sancito in #Sicilia con scambi di doni nella notte di san Giovanni per sottolinearne la stima reciproca e fraterna tra due soggetti. Le rispettive mogli o mariti a loro volta diventavano cummari e cumpari. Non poteva esistere invece la cumparanza tra sessi diversi.
A Riesi era di consuetudine tagliare la cruna, in maniera che si diventava cumpari e San Giuvanni. Era un modo per legare ancor di piu' le amicizie tra persone e tra famiglie. Infatti il ragazzo/a a cui veniva tagliata la cruna poi chiamava padrino o madrina chi gliela tagliava. "
Ma cosa c’entra San Giovanni con tutta questa faccenda.? Il 21 Giugno solstizio di estate si festeggiava la dea romana Fortuna, propiziatrice del mondo produttivo agricolo, la cui celebrazione restò in auge fin a cristianesimo inoltrato. Di Fatti la chiesa pensò di spostare di qualche giorno questi riti e cristianizzarli con la figura di San Giovanni Battista.
Ecco che questo santo assunse sempre più l’aspetto delle vecchie sibille d’invenzione pagana; anzi, quasi, quasi, divenne a poco a poco il loro capo carismatico, in nome del quale esse continuavano a fare da indovine con le loro magie d’antica tradizione.
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