Era
un ambiente solitamente alloggiato al piano terra della masseria che
ospitava la vasca principale, elevata rispetto al pavimento
"parmentu” e quella di raccolta, seminterrata “tina”. I
pestatori, a piedi scalzi, spremevano l'uva con passo ritmato, mentre
si aggiungevano nella vasca nuovi grappoli. Il succo che fuoriusciva
(mosto) scorreva nella tina attraverso “u cannuolu” , a cui
spesso veniva appeso un piccolo cesto che fungeva da filtro. Il
rituale emulava il sacrificio dell'uva che grondava di succo rosso
come sangue, mentre veniva pronunciata la formula propiziatrice: Mori
racina, crisci mustu nni la tina! Dopo la pigiatura il mosto veniva
riversato nella vasca superiore dov'erano i graspi, per iniziare la
fermentazione. La giornata si concludeva con una cena abbondantemente
annaffiata da vino vecchio tra ripetuti brindisi e racconti gioiosi.
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